Lavoro, via ai rinnovi contrattuali: quali aumenteranno di più?
Sul fronte contrattazione collettiva, sono in arrivo molti rinnovi contrattuali per quanto riguarda soprattutto i lavoratori del terziario. I lavoratori con contratti scaduti da poco tempo sono circa 500 mila, ma i nuovi contratti siglato potrebbero portare ad aumenti di stipendio. Vediamo insieme per chi e di quanto aumenteranno.
I primi mesi del 2022 sono stati caratterizzati dalla contrattazione collettiva che ha coinvolto molti settori ossia: chimica farmaceutica, l’edilizia, gli autoferrotramvieri, l’energia e petrolio, l’elettrico e il settore minerario. Per quanto riguarda la contrattazione collettiva, si sta assistendo ad un’inversione di tendenza tra i contratti scaduti e quelli rinnovati: si è passati da una percentuale di 60%-40% a 40%-60%.
Dal terziario all’industria, vediamo di quanto sono aumentati gli stipendi grazie alla contrattazione collettiva.
Contrattazione collettiva: a che punto siamo?
Facciamo chiarezza sui numeri che coinvolgono i lavoratori dipendenti cui si applica un contratto collettivo dei sessanta in vigore. In Italia sono ben 5,5 milioni i lavoratori cui si applicano i contratti collettivi in essere: di questi, l’86% ha un contratto rinnovato. Da quando si è insediato il Presidente Bonomi, dei 60 contratti collettivi in essere ne sono stati rinnovati ben 36.
Coloro che hanno ritardi più lunghi nel rinnovo dei contratti, ossia superiore ai 24 mesi, sono i lavoratori operanti nel settore del turismo, dello spettacolo e dell’ospedalità privata.
Contrattazione collettiva: ecco gli aumenti principali
Secondo Confindustria, gli stipendi nel triennio 2018-2021 sono aumentati in media del 4,9%, considerando un tasso d’inflazione pari al 2,8%. Fa ben sperare anche il report di Bankitalia sul quinquennio 2015-20, che ha evidenziato un gap tra retribuzioni e andamento dei prezzi pari al 5%.
La vera sfida per i sindacati è quella di reggere l’urto dell’elevata inflazione di questi mesi. Per la Cisl, una delle strategie da seguire è quella di rivedere da cima a fondo le politiche reddituali, oltre che diffondere un secondo livello di contrattazione negoziale.