Bitcoin e criptovalute: tassazione in Italia

Luca Paolucci
  • Laurea in Economia e Management
  • Laureato in Management Internazionale
10/03/2021

Quali tasse si applicano sul Bitcoin e sulle altre criptovalute? In Italia e in molti altri paesi c’è ancora incertezza sulla normativa legata al possesso e alle operazioni tra valute digitali. Proviamo a fare il punto della situazione insieme ad alcuni tra i più esperti fiscalisti italiani.

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Il Bitcoin è oramai diventato un argomento all’ordine del giorno nel mondo della finanza. Nell’ultimo anno è aumentato esponenzialmente il giro d’affari attorno a quella che ad oggi è la prima criptovaluta al mondo per capitalizzazione, così come è cresciuto anche il numero di investitori che decidono di affidare i propri risparmi alle valute digitali.

Nonostante questa evoluzione, tuttavia, non è ancora ben chiara la normativa che regola gli aspetti fiscali delle transazioni tra criptovalute e del loro possesso, sia a livello nazionale che internazionale.

Proviamo a fare un quadro della situazione attuale insieme ad alcuni tra i più esperti fiscalisti in Italia.

L’inquadramento fiscale delle criptovalute in Italia

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Fino a qualche tempo fa il problema nemmeno si poneva, ma dal momento che Bitcoin e le altre criptovalute continuano a scalare posizioni negli interessi dei grandi investitori, un loro inquadramento fiscale è oramai alquanto necessario.

A tal riguardo, si può dire che ad oggi regna sovrana l’incertezza. Non esiste ancora una normativa chiara e globalmente diffusa sul regime di tassazione legato al possesso e allo scambio di criptovalute.

Secondo Gianluca Massini Rosati, esperto fiscalista italiano, l’incertezza normativa che aleggia intorno alle valute digitali dipende in primis dalla loro a-territorialità: l’imposizione fiscale in Italia si basa sul concetto di residenza di chi produce reddito e, nel caso delle criptovalute, questo viene a mancare.

L’altro problema è di carattere procedurale: in Italia la prima autorità fiscale è l’Agenzia delle entrate, la quale però non ha alcun potere normativo. A tal proposito Massini Rosati spiega:

“In Italia le norme devono uscire dal Parlamento. Da qui nasce quindi l’incertezza normativa. In Italia non esiste ancora una legge vera e propria che dica come devono essere tassate le criptovalute”.

Lìipotesi dell’Agenzia delle entrate

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L’Agenzia delle entrate ha comunque cercato, negli anni, di porre dei paletti fiscali agli asset digitali equiparandoli ad una qualsiasi valuta estera.

Sulla base di questo, si estenderebbe alle criptovalute l’obbligo di dichiarazione al di sopra di una detenzione superiore ai 15.000 euro, con la soglia da cui scatterebbe il pagamento dell’imposta sui redditi fissata a 51.000 euro. In tal caso l’imposizione fiscale sarebbe del 26%.

Tuttavia, anche qui la situazione è lontana dall’essere chiara. Francesco Avella, fiscalista ed esperto di criptovalute, osserva:

“Chi conosce le criptovalute sa che assimilarle a valute estere non è del tutto appropriato. L’Agenzia delle entrate basa la sua tesi su una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea del 2015, in cui si afferma che le operazioni in criptovalute sono da considerarsi come relative a divise, banconote e monete. Per questo, l’Agenzia delle entrate ha ritenuto che ai fini delle imposte sui redditi le operazioni su criptovalute devono considerarsi alla stregua di operazioni su valute estere”.

Inoltre, considerando che la quotazione attuale di Bitcoin oscilla tra i 45 e i 50.000 dollari, applicare un regime di tassazione di questo tipo vorrebbe dire pagare le tasse all’incirca su ogni singolo Bitcoin detenuto.

La situazione al di fuori dell’Italia

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Come già accennato, la carenza normativa sulla tassazione degli asset digitali non è però un problema solamente italiano. Anche in Europa non è ancora presente una norma fiscale sulle criptovalute chiara ed uniforme.

Ciò che sappiamo è che alcuni paesi, come la Svizzera e il Principato di Monaco, per certo non prevedono il pagamento di alcuna tassa. E la stessa situazione si registra anche in paesi al di fuori delle mura comunitarie: tra questi spiccano Singapore e, soprattutto, la Cina.

Altri paesi, come per esempio la Germania, prevedono sì dei regimi di tassazione delle criptovalute ma, come nel caso italiano, la loro applicazione avviene esclusivamente per analogia.