Pensione: cosa succede quando il datore di lavoro non versa i contributi?
Il diritto del lavoratore alla pensione persiste anche se il datore di lavoro non paga i contributi, fino a quando questi non sono prescritti. La Corte di Cassazione ha ribadito che il lavoratore può richiedere una rendita vitalizia se i contributi non sono prescritti, mentre se lo sono, può agire legalmente per il risarcimento del danno contro il datore di lavoro.
Nell’ambito della tutela previdenziale, il diritto dei lavoratori alla pensione persiste anche nel caso in cui i datori di lavoro non effettuino i dovuti pagamenti dei contributi. Tuttavia, questa salvaguardia è valida solamente fino a quando i pagamenti non entrano nella fase di scadenza prescrittiva.
Automatismo delle prestazioni e rendita vitalizia
La possibilità di richiedere la costituzione di una rendita vitalizia è conferita inizialmente al datore di lavoro che abbia trascurato i versamenti contributivi e che non sia più in grado di farlo a causa della prescrizione. Inoltre, questa facoltà è estesa anche al lavoratore stesso qualora il datore di lavoro non sia in grado di garantire la creazione di tale rendita.
Principio giuridico e tutela previdenziale
L’art. 2116 del Codice Civile, ribadito dall’art. 38 della Costituzione, stabilisce il principio dell’automatismo delle prestazioni previdenziali. Ciò implica che le prestazioni indicate nell’art. 2114 del Codice Civile devono essere garantite al prestatore di lavoro, anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto ai versamenti contributivi previsti.
Limiti e protezioni
Questo principio si applica soltanto se i contributi non sono soggetti a prescrizione, con una scadenza di cinque anni, come specificato nell’art. 40 della legge n. 153 del 30 aprile 1969.
L’art. 3 della legge n. 335 dell’8 agosto 1995 conferma l’”irricevibilità” dei contributi prescritti, impedendo di conseguenza qualsiasi tentativo di versamento volontario al fine di accrescere il diritto alla pensione.
La sentenza n. 2164/2021 emessa dalla Corte di Cassazione ha gettato ulteriore luce su questo principio cruciale.
Situazioni diverse e azioni legalmente permesse
Nel caso in cui i contributi non siano stati versati e non siano ancora soggetti a prescrizione, il lavoratore non può agire contro l’Istituto previdenziale per determinare l’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente, né può prendere il posto del datore di lavoro nei pagamenti contributivi. L’opzione disponibile è di comunicare l’irregolarità all’INPS per il recupero, mentre l’azione legale è possibile contro il datore di lavoro.
Se è trascorso il periodo di prescrizione quinquennale, non è possibile richiedere all’INPS la regolarizzazione della posizione assicurativa. Tuttavia, il lavoratore è comunque tutelato attraverso l’istituto della rendita vitalizia. Inoltre, è possibile intraprendere un’azione legale contro il datore di lavoro per richiedere un risarcimento del danno, considerando l’impatto finanziario derivante dalla perdita totale della pensione o da una pensione ridotta.
Inoltre, l’art. 13 della legge n. 1138 del 12 agosto 1926 stabilisce che il datore di lavoro che non abbia versato i contributi obbligatori per l’assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti e che non sia in grado di farlo a causa della scadenza prescrittiva può richiedere all’INPS la creazione di una rendita vitalizia reversibile, equivalente alla pensione o quota di pensione corrispondente all’assicurazione obbligatoria in base ai contributi omessi.