Pirateria del software nell’area EMEA: multe per milioni di euro

Luca Paolucci
  • Laurea in Economia e Management
  • Laureato in Management Internazionale
26/01/2021

Pirateria del software, nell’area EMEA sanzioni per 2,3 milioni di euro negli ultimi sei mesi. Con le spese che le aziende dovranno affrontare per rimettersi in regola si sfiorano i 7 milioni.

2,3 milioni di euro di sanzioni e costi per le aziende per quasi 5 milioni di euro. Sono le cifre comunicate da Business Software Alliance sullo stato della lotta al software illecitamente detenuto nelle aziende nell’area EMEA (Europa, Medio Oriente e Africa).

In Italia ulteriori inasprimenti potranno venire dal Decreto Sviluppo sulla responsabilità penale amministrativa dell’azienda.

Vediamo insieme gli aggiornamenti e i dati sulla lotta alla pirateria informatica.

La lotta alla pirateria nell’area EMEA

Business Software Alliance ha mostrato i muscoli e ha raccolto 2,3 milioni di euro di risarcimento danni da aziende sorprese a utilizzare software illegale in EMEA, la regione economica che comprende Europa, Medio Oriente e Africa.

A questa cifra bisogna aggiungere anche 4,6 milioni di euro che sono serviti alle aziende “pizzicate” per rimettersi in regola con le licenze ufficiali. Totale: 6,9 milioni di euro solo nei primi sei mesi dell’anno, grazie a 4.000 interventi diretti.

Pirateria informatica: il focus sull’Italia

Circa l’Italia sono stati rinvenuti 866 programmi software piratati a seguito delle migliaia di interventi di BSA a supporto delle Forze dell’Ordine. Il controvalore economico, dicono in BSA, è stimato in 1,15 milioni di euro.

Le azioni parallelamente condotte sul versante civilistico hanno invece portato le aziende verificate e trovate senza licenze a fronteggiare esborsi per danni e legalizzazioni del parco software di circa 30.000 euro in media, con picchi superiori ai 100.000 euro.

Simona Lavagnini, legal counsel di BSA in Italia, spiega:

“A questo riguardo, è giusto sottolineare che si tratta di costi sostenuti da aziende di dimensioni medio piccole, ossia con un numero di postazioni informatiche tra le 10 e le 50 circa.”

È infine notizia di pochi giorni fa la chiusura di un’importante vertenza con una grande impresa del Centro Italia, che ha sostenuto ben 80.000 euro di danni (escluso l’acquisto del software legale), ad ulteriore riprova delle pesanti conseguenze finanziarie della pirateria.

Lavagnini poi aggiunge:

“È inoltre importante ricordare che alle responsabilità sopra citate, si potrà aggiungere anche la responsabilità penale amministrativa dell’azienda in quanto persona giuridica, come previsto dal DDL 231 (il c.d “Decreto Sviluppo”) approvato dal Parlamento italiano pochi giorni fa”.

La norma, come si ricorda, prevede sanzioni pecuniarie fino a circa 775.000 euro e sanzioni interdittive come la sospensione dell’autorizzazione o il divieto di pubblicizzare beni o servizi fino ad un anno, oltre all’eventuale responsabilità penale dei dirigenti in caso di mancata adozione delle necessarie policy interne.

La situazione in Europa

A livello europeo, la sanzione finanziariamente più elevata comminata ad un’azienda che utilizzava software pirata ha comportato risarcimento danni e acquisti per “regolarizzazione” delle licenze per oltre un milione di euro. Questo l’esborso toccato lo scorso giugno a un’impresa tedesca, al momento il secondo al mondo per importo complessivo nella storia di BSA.

Sarah Coombes, Senior Director dei Legal Affairs di BSA, precisa:

“BSA segue più di 30 azioni legali al giorno in EMEA. Nell’attuale situazione economica, è assai preoccupante che così tante aziende continuino ad aggirare le leggi sul diritto d’autore utilizzando software senza licenza, esponendosi ai rischi di conseguenze legali e finanziarie, in grado di danneggiare pesantemente il loro cash flow.”

È giusto invece che le aziende assimilino il valore connesso alla license compliance, un asset che contribuisce al complessivo valore e alla salute dell’organizzazione come la stabilità finanziaria, l’efficienza tecnica e la reputazione di affidabilità nella business community.

Italia: il Decreto Sviluppo 

Luca Marinelli, Presidente di BSA in Italia, ha plaudito all’approvazione del Decreto Sviluppo:

“Inserisce infatti nel nostro ordinamento un importante strumento di contrasto alla pirateria del software (oltre che dei marchi e della proprietà intellettuale più in generale), che si rivelerà prezioso nell’aiutare le aziende a tutelare meglio la propria creatività da chi intende avvalersene illegalmente.”

Con il sì definitivo del Senato è diventato infatti legge il “Decreto Sviluppo”, che prevede al proprio interno un importante strumento di contrasto alla pirateria del software, ampliando la responsabilità penale amministrativa dell’ente, regolata dal decreto legislativo n. 231 del 2001, anche ai reati a tutela del diritto d’autore previsti agli articoli 171bis e 171ter della legge n. 633 del 1941.

Si attende ora solo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale per la definitiva entrata in vigore delle nuove norme.

Cosa dice la nuova normativa?

Queste prevedono oggi una responsabilità amministrativa specifica in capo all’ente (persona giuridica pubblica o privata) per la violazione delle norme previste dalla legge sul diritto d’autore a tutela dei programmi per elaboratore (oltre che delle altre opere dell’ingegno), qualora i reati siano stati commessi nell’interesse o vantaggio dell’ente da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso, ovvero anche da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui sopra.

L’unico modo per cui l’ente può evitare la responsabilità in questione consiste nel dar prova che ricorra una delle seguenti circostanze, e precisamente che:

  1. L’organo dirigente abbia adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
  2. Il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza di curare il loro aggiornamento sia stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
  3. Non vi sia stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo in questione;
  4. Le persone abbiano commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione.

D’ora in avanti dunque l’ente potrà essere condannato – oltre che in sede civile con le sanzioni del risarcimento del danno e dell’inibitoria – anche in sede penale amministrativa, con sanzioni pecuniarie che possono arrivare a circa 775.000 euro, e con sanzioni interdittive (ad esempio la sospensione dell’autorizzazione o il divieto di pubblicizzare beni o servizi fino ad un anno).

Non solo: i soggetti in posizione apicale potranno essere ritenuti a loro volta responsabili nel caso in cui abbiano omesso di adottare le necessarie policy finalizzate ad evitare la commissione del reato.

Simona Lavagnini, Legal Counsel di BSA Italia, conclude:

“Si tratta di un’importante innovazione dal punto di vista legislativo per il nostro Paese. Infatti, stabilendo la responsabilità penale amministrativa anche degli enti, renderà improrogabile l’adozione da parte delle aziende di serie policy interne per evitare che vengano commessi illeciti contro la proprietà intellettuale attraverso i PC aziendali.”