Riforma fiscale: chi beneficerà delle ultime novità
Il dimezzamento del cuneo fiscale per il 2024, con un valore di circa 10,7 miliardi di euro, si affianca alla fusione dei primi due scaglioni IRPEF, offrendo riduzioni dei contributi proporzionali al reddito e portando benefici fino a 1.900 euro, ma oltre i limiti previsti si rischia di perdere fino a 1.100 euro, con impatti differenziati sulle diverse categorie lavorative.
La conferma del dimezzamento del cuneo fiscale per il 2024 rappresenta un considerevole impegno finanziario, ammontante a circa 10,7 miliardi di euro, costituendo la metà delle risorse destinate alla manovra.
Inizialmente introdotta nel gennaio 2022 per contrastare l’impatto dell’innalzamento dei prezzi sui salari, questa misura ha subito diversi ampliamenti. Attualmente, prevede una riduzione dei contributi del 7% per redditi fino a 25.000 euro e del 6% per quelli compresi tra 25.000 e 35.000 euro.
Riforma delle aliquote Irpef
Nel prossimo anno, questa iniziativa si unirà al primo passo della riforma delle aliquote Irpef, con un finanziamento stimato di circa 4,3 miliardi.
Tale riforma contempla la fusione dei primi due scaglioni, fino a 15.000 euro e da 15.000 a 28.000 euro, sottoponendoli alla stessa aliquota più bassa, pari al 23%.
Impatti Finanziari e Limiti di Reddito
La riduzione dei contributi aumenta proporzionalmente al reddito lordo, offrendo benefici fino a 1.600 euro per chi si trova al limite superiore del primo scaglione e poco più di 1.900 euro per chi si colloca al limite della seconda fascia (35.000 euro). Tuttavia, superando anche di poco questi limiti, si rischia di perdere il beneficio, fino a un massimo di 1.100 euro.
Interventi precedenti sull’IRPEF
Il governo Meloni non è l’unico a intervenire sull’IRPEF: anche il governo Draghi, nel 2021, ha eseguito un taglio simile, eliminando una delle cinque aliquote esistenti.
Analisi di bilancio e impatti differenziati
Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, l’effetto della riduzione dei contributi risulta neutro per la redistribuzione ma diventa progressivo grazie alla decontribuzione.
L’incremento percentuale sugli stipendi è uniforme, ma in termini assoluti premia di più i lavoratori con redditi più bassi, evidenziando un aumento più significativo degli operai (+3,4%) e degli impiegati (+1,9%).
Al contrario, i dirigenti e altre categorie, come autonomi e pensionati, sono meno coinvolti nei benefici fiscali, fatta eccezione per casi marginali. Infine, le misure sembrano favorire notevolmente gli under 35 e leggermente di più le lavoratrici rispetto ai colleghi maschi.