Riforma Irpef: come cambiano gli stipendi?

Mattia Anastasi
  • Dott. in Economia Aziendale con curriculum Manageriale
07/03/2023

Il governo è al lavoro per una ferrea modifica al sistema fiscale italiano. Questa prevede in primis l’abbassamento delle aliquote Irpef, in modo da diminuire di molto il cuneo fiscale. Così facendo andranno a crescere gli stipendi in busta paga. Vediamo come dovrebbero essere modificate le aliquote.

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Il viceministro dell’Economia Maurizio Leo ha confermato che entro metà Marzo la legge delega sulla riforma del fisco verrà presentata in Consiglio dei Ministri. Le fasce Irpef dovrebbero diventare tre, questo grazie al lavoro della Ragioneria di Stato e del governo.

Irpef: come sono le vecchie aliquote?

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Le aliquote Irpef sono state cambiate solo un anno fa, attraverso la Legge di Bilancio 2022, con le quattro fasce che hanno assunto questi valori:

Fino ai 15 mila euro 23% 23% sull’intero importo (3.450 euro)
Dai 15,001 fino ai 28 mila euro 25% 3.450 euro più 25% sul reddito che supera i 15 mila euro
Dai 28,001 fino ai 50 mila euro 35% 6.700 euro più 35% sul reddito che supera i 28 mila euro
Oltre i 50,001 43% 14.400 euro più 43% sul reddito che supera i 50 mila euro

Riforma Irpef: chi ci guadagna?

Vediamo chi sono coloro che andranno a guadagnarci dalla riforma delle aliquote Irpef. Riducendo il numero delle aliquote, l’intenzione è quella di accorpare le due aliquote centrali (25% e 35%) in un’unica aliquota al 27%. Ci andranno a rimettere coloro che hanno uno stipendio compreso tra i 15 e 28 mila euro.

Fisco: le altre riforme

Vediamo quali sono le altri riforme che verranno applicate dal governo. Verrà in primis semplificata la modulistica, il calendario e il meccanismo dei versamenti, ma anche le modalità di controllo attraverso un concordato preventivo biennale. L’obiettivo finale è quello di arrivare a una sola aliquota, ponendo in essere la Flat tax di Salvini.

Tasse: l’Italia recupera l’Ici dalla Chiesa?

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Tra le varie opzioni per finanziare le manovre fiscali vi è anche la possibilità che lo Stato italiano vada a richiedere l’Ici alla Chiesa, almeno per le annualità comprese tra il 2006 e il 2011. Questo in quanto vi è la volontà di uniformarsi alle Legge Europee in materia.