Riforma pensioni: chi potrà lasciare il lavoro nel 2023
Dal nuovo governo Meloni si attende la riforma delle pensioni che tuttavia potrebbe partire da gennaio 2023. Nel frattempo, è probabile che l’esecutivo proceda con la proroga di Opzione Donna e Ape Sociale e forse anche Quota 102, per evitare il ritorno alla legge Fornero.
Con molta probabilità, la riforma delle pensioni che il nuovo governo Meloni dovrà affrontare prevedrà la proroga di Opzione Donna, Ape Sociale e forse anche Quota 102.
Si attende una vera e propria riforma a partire da gennaio del prossimo anno, con Quota 41 come stella polare del prossimo governo Meloni.
Pensioni: il possibile scenario dei prossimi mesi
Nel caso in cui il governo decidesse di non procedere con alcun tipo di riforma, gli unici canali di uscita dal lavoro sarebbero quelli previsti dalla Legge Fornero: 67 anni e 20 di contributi per la pensione di vecchiaia oppure 42 anni e 10 mesi per la pensione anticipata, a prescindere dall’età anagrafica (un anno in meno per le donne).
È difficile credere che il governo abbia intenzione di non intervenire sulle pensioni, ma siccome il nuovo esecutivo sarà operativo soltanto a fine ottobre, è probabile che saranno prorogate Opzione Donna e Ape Sociale, ma forse anche una misura simile a Quota 102.
Cosa cambierebbe con Quota 41
La stella polare potrebbe essere, questa volta per davvero, Quota 41, ossia il pensionamento con 41 anni di contributi versati a prescindere dall’età anagrafica. Questa opzione esiste già per quei lavoratori considerati “precoci“, ossia in possesso, al 31 dicembre 1995, di contribuzione che possono far valere almeno 12 mesi di versamenti antecedenti al compimento del diciannovesimo anno d’età e presentano le seguenti condizioni:
- chi è disoccupato e non percepisce da almeno tre mesi l’indennità di disoccupazione;
- chi presta cure da non meno di sei mesi a un familiare entro il secondo grado, convivente con handicap grave;
- gli invalidi civili con oltre il 74% di invalidità;
- coloro che hanno svolto attività usurante o mansioni gravose per almeno sette anni negli ultimi dieci non meno di sei anni negli ultimi sette di attività lavorativa.
Lo scorso anno l’Inps aveva fatto delle stime sul costo di Quota 41 anni per tutti. Se si ragiona in prospettiva di lungo termine, l’istituto valuta che Quota 41 porterà benefici dopo il 2040, quando inizierà a registrarsi un risparmio dovuto ai minori assegni pensionistici a causa dell’uscita anticipata dal lavoro. Per tutto il periodo precedente, però, continuerà a registrarsi una spesa pensionistica più elevata rispetto allo scenario attuale.