Pirateria informatica: novità della nuova legge

Luca Paolucci
  • Laurea in Economia e Management
  • Laureato in Management Internazionale

L’AGCOM ha reso pubblico il testo di quella che, dopo la consultazione pubblica di 60 giorni, diverrà la nuova legge per combattere la pirateria informatica. Il focus passa dalle sanzioni all’effettività della tutela. Tante le novità ma altrettanti i dubbi.

La nuova disciplina contro la pirateria (RETROATTIVO URGENTE)

Non sappiamo quanto, in questo processo, abbiano influito i lavori svolti dal Comitato Governativo Antipirateria, istituito un paio di anni fa, anche perché i risultati a cui quest’ultimo è pervenuto, per quanto inizialmente ispirati ad un principio di trasparenza, non sono mai stati divulgati.

Hanno però giocato un ruolo decisivo gli iter normativi dei vari stati dell’Unione Europea. Di certo, la nostra legge Urbani era divenuta vetusta ed insufficiente ad arginare il cosiddetto “assalto al copyright”. Peraltro, un ulteriore inasprimento delle pene, pur senza determinare un reale deterrente al fenomeno della pirateria, non avrebbe avuto conseguenze positive.

Il nuovo sistema invece, ispirato al modello statunitense, mira all’effettività della tutela piuttosto che alla mera comminazione di sanzioni. Vediamo, in sintesi, il suo funzionamento.

Lotta alla pirateria: il nuovo sistema di tutela

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Che cosa dice il testo pubblicato dall’AGCOM in materia di lotta alla pirateria informatica? Iniziamo con l’analizzare i punti principali della nuova normativa che diverrà presto legge.

Qualora un sito ospiti un contenuto lesivo del diritto d’autore altrui (sia che si tratti di un’opera integrale – un album musicale, un film, ecc. – disponibile in download o in streaming, sia che si tratti di un semplice link o indicizzazione del file pirata presente su altri siti), il soggetto leso (o, in sua vece, un ente rappresentativo come la SIAE) potrà ordinarne al gestore del sito l’immediata rimozione del contenuto.

Dal momento della richiesta, il gestore avrà quarantotto ore di tempo per ottemperare alla richiesta. Qualora non adempia spontaneamente, egli non subirà alcuna sanzione, ma l’interessato potrà presentare ricorso all’AGCOM.

Quest’ultima, a sua volta, avrà cinque giorni di tempo per svolgere un’istruttoria sommaria e, al termine di essa, ordinare al gestore la rimozione del contenuto protetto. Se neanche dopo l’ordine dell’Authority si effettua la rimozione, l’AGCOM irrogherà le sanzioni.

Lotta alla pirateria: i limiti della normativa

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Cosa succede, però, se il fornitore del servizio non gestisce un semplice sito, ma una piattaforma (come, per esempio, YouTube o Facebook), dove gli utenti possono caricare, in perfetta autonomia, materiale di qualsivoglia tipo e contenuto?

In tale caso, il gestore del sito, che è ovviamente un soggetto diverso da colui che ha pubblicato il materiale, non dovrebbe essere responsabile personalmente della lesione del diritto d’autore.

Il condizionale, tuttavia, è d’obbligo, perché si tratta di un principio (quello della cosiddetta “neutralità dell’intermediario”) che i giudici italiani hanno dimostrato più volte di non comprendere.

Ebbene, al di là di ciò, il gestore del servizio, secondo il modello di legge in approvazione, avrà, come detto, solo quarantotto ore di tempo dalla richiesta del presunto titolare per:

  1. contattare il responsabile della pubblicazione;
  2. dargli il tempo per controdedurre;
  3. canalizzare le controdeduzioni, eventualmente rispondendo al richiedente;
  4. infine procedere, se del caso, alla rimozione del contenuto protetto.

Un lasso di tempo certamente troppo breve, che potrebbe invece portare il gestore del servizio ad una soluzione più rapida, ma meno garantistica: l’autonoma rimozione del contenuto, dietro semplice segnalazione del presunto titolare.

Un rapporto diretto, quindi, tra gestore ed autore, che lascia fuori l’utente e ne calpesta il diritto alla difesa.

In altre parole, si attuerebbe un’autotutela di fatto a tutela dei gestori non solo dalle sanzioni dell’AGCOM, ma soprattutto dalle ritorsioni dell’industria dei contenuti con cui, sempre più spesso, questi stringono rapporti commerciali di vario tipo (si pensi agli accordi tra YouTube, la CNN e la Warner Bros).

Come al solito, però, a farne le spese sarà il piccolo cittadino, travalicato dai grandi interessi economici.