Quando registrare un blog è obbligatorio?

Luca Paolucci
  • Laurea in Economia e Management
  • Laureato in Management Internazionale

Possedere e gestire un blog, aggiornarlo quotidianamente e, nello stesso tempo, non registrarlo presso la cancelleria del Tribunale, può integrare il reato di stampa clandestina. È ciò che è accaduto a Carlo Ruta e al suo blog d’inchiesta “Accadeinsicilia”. Vediamo il caso più nel dettaglio.

Il caso Ruta: quando registrare un blog è obbligatorio? (RETROATTIVO URGENTE)

Possedere un blog non registrato presso la cancelleria del Tribunale può comportare il reato di stampa clandestina.

Lo aveva affermato il Tribunale di Modica con la sentenza 8 maggio 2008 n. 194 e lo ha appena confermato la Corte di Appello di Catania, che ha condannato Carlo Ruta per non aver registrato il proprio blog d’inchiesta “Accadeinsicilia“.

Il caso è esploso, per come c’era da attendersi, su tutto il Web. Bavaglio alla Rete? Obbligo di registrazione o di chiusura per decine di migliaia di blog? Procedimenti penali per tutti i blogger italiani?

La verità, come al solito, sta nel mezzo e, per comprenderla, dobbiamo ripercorrere il ragionamento seguito dai giudici nei due gradi di giudizio: un percorso logico-giuridico coerente sotto l’astratto profilo del diritto, ma poi, nell’attuazione pratica, foriero di alcuni elementi di criticità.

Carlo Ruta e la condanna: i fatti

Il caso Ruta: quando registrare un blog è obbligatorio? (RETROATTIVO URGENTE)

La vicenda è singolare e val la pena ripercorrerla, seppur velocemente.

Carlo Ruta, giornalista siciliano, nel lontano 2004 aveva visto chiudere il proprio blog “Accadeinsicilia” perché i suoi articoli erano stati ritenuti diffamatori nei confronti del P.M. di Ragusa, dott. Agostino Fera.

Ruta, all’epoca, aveva scritto un articolo sull’omicidio di Giovanni Spataro (giornalista de “L’Unità”), per mano del reo confesso Roberto Campria. L’assassino era figlio del capo gerarchico di Agostino Fera, dott. Saverio Campria che, all’epoca, presiedeva il Tribunale di Ragusa. Insomma, un rapporto tra parti molto “vicine”: da un lato due giornalisti, dall’altro due magistrati.

Ma Ruta non si è dato per vinto e, scontata la pena, ha riaperto il blog. Per la seconda volta, però, è intervenuto il P.M. Agostino Fera a chiederne l’interdizione, accusando il giornalista del reato di stampa clandestina.

Questa volta è stato contestato, nei confronti di Ruta, il reato di cui agli artt. 5 e 16 della L. n. 47 dell’8.02. 1948:

“Per avere intrapreso la pubblicazione del giornale di informazione civile denominato “Accade in Sicilia” e diffuso, con registrazione avvenuta il 16.12.2003, sul sito internet www.accadeinsicilia.net, senza che fosse stata eseguita la registrazione presso la cancelleria del Tribunale di Modica, competente per territorio.”

In parole povere, Ruta è stato condannato perché il suo blog, pur presentando tutti i caratteri di una normale pubblicazione cartacea (regolare periodicità, titolo identificativo, diffusione presso il pubblico di informazioni legate all’attualità) non era stato registrato in Tribunale e non aveva quindi individuato un Direttore responsabile. Condannato in primo grado, il giornalista ha fatto appello presso la Corte di Catania, la quale ha confermato la sentenza di primo grado.

Il ragionamento giuridico dietro la sentenza

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Il dato normativo parte dall’art. 5 della L. n. 47/1948, la cosiddetta “legge sulla stampa“, che stabilisce che nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato preventivamente registrato presso la cancelleria del Tribunale territorialmente competente.

Il successivo art. 16 dello stesso testo normativo punisce penalmente chiunque intraprenda la pubblicazione di un giornale ovvero di un periodico senza che sia stata eseguita la suddetta registrazione. Tale previsione è stata poi estesa, con la L. n. 62 del 2001, anche ai giornali realizzati su supporto informatico destinati alla pubblicazione con mezzi elettronici.

La Corte di Appello di Ragusa ha disatteso l’orientamento di quella dottrina e giurisprudenza, che ritengono la registrazione in Tribunale necessaria solo per usufruire delle agevolazioni previste dalla legge n. 62/2001. Una precisazione va comunque fatta.

L’obbligo della registrazione non implica un controllo sul contenuto delle pubblicazioni, consistendo solo in una mera verifica di regolarità formale e nell’individuazione dei soggetti responsabili per gli eventuali illeciti commessi a mezzo della stampa.

Quest’ultima finalità è realizzata attraverso l’indicazione, all’atto della registrazione, di un Direttore responsabile, figura che risponde di tutti gli eventuali abusi commessi attraverso le pubblicazioni.

Dunque, la registrazione in Tribunale non può considerarsi come una forma di condizionamento della libertà di stampa costituzionalmente garantita, non consistendo, come detto, in una limitazione dei contenuti. Ciò posto, l’imposizione al blogger della registrazione non deve in astratto essere considerata come l’ennesimo bavaglio alla Rete.

Le motivazioni “ufficiali” della condanna

Il caso Ruta: quando registrare un blog è obbligatorio? (RETROATTIVO URGENTE)

Stravagante la prima delle motivazioni riportate in sentenza. Secondo i magistrati, sarebbe stato lo stesso imputato che, intitolando il proprio prodotto “Accade in Sicilia giornale di informazione civile”, lo avrebbe definito e qualificato come giornale diretto a svolgere attività di informazione e, dunque, come prodotto editoriale.

In secondo luogo, l’attività istruttoria avrebbe consentito di accertare che il blog di Ruta presentava le caratteristiche di un periodico, per via della sistematicità con cui veniva aggiornato e con cui venivano pubblicati gli articoli.

Ma poi il giudice si spinge oltre e, in un’interpretazione letterale della nostra lingua, arriva a sostenere che, anche dalla denominazione data (dallo stesso imputato) di “Giornale”, che letteralmente significa “quotidiano di informazione”, sarebbe possibile individuarne la sua natura periodica.

Interessante sovvertimento del principio logico e giuridico per cui non sono i nomi ad individuare e definire la sostanza delle cose. Chissà cosa ne pensa, a riguardo, Umberto Eco.

Ruta aveva provato a spiegare ai magistrati come il proprio blog non fosse altro che un diario di informazione civile, sebbene connotato dai requisiti della pubblica denuncia. Ma a nulla è servita tale argomentazione.

Secondo il giudice,  il “blog” è principalmente uno strumento di comunicazione ove chiunque può scrivere ciò che vuole e come tale può anche essere usato per pubblicare un giornale.

In definitiva, dalla sentenza se ne trae un principio chiaro ed esplicito: sono soggetti alla registrazione in Tribunale non tutti i blog che effettuino informazione, bensì solo quelli equiparabili ad un tradizionale giornale cartaceo, ossia:

“Le pubblicazioni stampate con periodicità (quotidiana, settimanale, bisettimanale, trisettimanale, mensile, bimestrale) e caratterizzate dalla raccolta, dal commento e dall’elaborazione critica di notizie destinate a formare oggetto di comunicazione interpersonale, dalla finalità di sollecitare i cittadini a prendere conoscenza e coscienza di fatti di cronaca e, comunque, di tematiche socialmente meritevoli di essere rese note.”

Ora la parola passa alla Corte di Cassazione, cui i legali di Ruta hanno già anticipato di presentare il ricorso.