Regime dei minimi addio: aumentano le tasse

Luca Paolucci
  • Laurea in Economia e Management
  • Laureato in Management Internazionale

La riforma fiscale fa da scure per migliaia di professionisti ed autonomi, tagliati fuori da un’agevolazione che fino ad ora aveva dato alle iniziative imprenditoriali un’incredibile opportunità. Dietro la nuova finanziaria si scorgono preoccupanti retroscena.

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Malcontento. Questa la reazione principale del mondo della piccola impresa all’indomani della manovra economica redatta dal Governo ed approvata nei giorni scorsi anche dal Presidente della Repubblica Napolitano.

Nonostante le caldi notte dell’estate 2011 debbano ancora trascorrere, la nuova finanziaria detta già legge per il futuro dell’economia nostrana, che è pronta ad intaccare professionisti e piccole e medie imprese a partire dal prossimo gennaio 2012.

Alcuni degli attori fondamentali dell’economia italiana subiranno, quindi, gli effetti di questo reiterato oscurantismo economico, nonostante ci sia ancora chi li sproni ad andare avanti, ventilando l’ipotesi di una crisi verso le tappe conclusive.

Riforma fiscale: cosa c’è di vero?

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La verità è che il Belpaese deve rientrare, entro il 2014, dei 47 miliardi di euro mancanti all’appello per il pareggio del bilancio e a doverne pagare le spese sono sempre i piccoli contribuenti, in quanto i grandi hanno lobbies pronte a difendere interessi di alto livello.

Ad un’attenta analisi, quindi, non si può non scorgere una politica del bastone e della carota applicata alle agevolazioni fiscali, che rimodulano pesantemente l’attuale regime agevolato dei minimi.

Così, dietro lo zuccherino di un forfettone fiscale molto conveniente per i primi cinque anni di attività, si nasconde in modo subdolo una sforbiciata, tesa a diminuire gli aventi diritto all’agevolazione stessa. Per meglio comprendere dove sta il boccone avvelenato pronto a dare un’ulteriore bastonata alle PMI di questo paese, bisogna fare un passo indietro.

Regime dei minimi: l’evoluzione della normativa

Regimi dei minimi, addio! Siate pronti a pagare di più… (RETROATTIVO URGENTE)

Fino ad oggi, il regime dei minimi garantiva alle aziende individuali con meno di 30 mila euro di introiti lordi all’anno di accedere ad una sorta di imposta sostituiva a forfait del 20%.

Una specie di cedolare secca, che rimpiazzava l’IRPEF, i tributi locali, l’IVA, l’IRAP ed escludeva l’attività dal sottoporsi agli studi di settore. L’idea era quella di non indagare delle forze economiche che avessero un reddito così basso, in virtù di un forfettone, che comunque sarebbe stato in grado di tutelare il fisco da eventuali ammacchi.

Con il decreto Tremonti tale regime cambia la sostanza, trasformandosi in lupo, pur cercando di mantenere le vesti dell’agnello. Così il forfettone diviene un quarto di quello originale e scende dal 20 al 5%. Una percentuale bassissima, che fa pensare ad un forte aiuto da parte dello Stato a sostegno di tutte le giovani iniziative imprenditoriali.

Come prima, infatti, questa cedolare sostituirà l’IRPEF, i tributi locali, l’IVA, l’IRAP e gli studi di settore, ma si è abbassata a tal punto da sembrare quasi un regalo. Ed è proprio qui che bisogna iniziarsi a preoccuparsi, chiedendosi cosa vi sia dietro a questo inaspettato dono.

E i retroscena di questo taglio clamoroso non ritardano a farsi notare, dando adito alla convinzione che ancora una volta per ogni mano tesa a donare, ce n’è sempre un’altra pronta a riscuotere.

Riforma fiscale: chi ne gioverà?

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Infatti, del mega forfettone potranno trarre agevolazione solo le attività che iniziano ora o che comunque sono nate negli ultimi cinque anni, a partire dal 2008. Questo è già un limite non da poco, in quanto a poterne beneficiare saranno davvero in pochissimi.

Secondo le stime, dell’attuale platea di circa 500 mila potenziali contribuenti che ora possono scegliere il regime dei minimi, dal 2012 solo il 10% potrà usufruire delle agevolazioni, ossia circa 50 mila contribuenti. Tutti gli altri 450 mila rimarranno orfani di una facilitazione che non trova più riscontro in alcun aiuto fiscale.

E non è tutto. Anche gli attuali beneficiari non potranno dormire sonni tranquilli, in quanto il 90% di costoro si troveranno automaticamente fuori dall’agevolazione, costretti quindi a scegliere un altro dei due regimi fiscali disponibili.

Secondo l’ACTA, l’Associazione Consulenti del Terziario Avanzato, le partite IVA che guadagnano tra i 20 e i 30 mila euro vedranno aumentare il prelievo fiscale del 6 o del 9%, dovendosi assoggettare nuovamente alle addizionali IRPEF locali, agli studi di settore e al pagamento dell’IVA da parte dei clienti.

Questo aumento farà però guadagnare il Governo, che sotto il manto di un forfait ancora più allettante ha in realtà trovato una nuova fonte di prelievo.

Di questo sgravio, però, i pochi fortunati aventi ancora diritto ne potranno beneficiare solamente per i primi cinque anni di attività. Allo scadere del quinto anno, indipendentemente dal reddito annuo incassato, non si potrà più godere di alcun vantaggio e gli imprenditori aiutati fino a quel momento rientreranno a far parte delle fila dei contribuenti a pressione fiscale tradizionale.

In questo modo saranno nuova sorgente di ingressi per lo Stato e verranno quindi equiparati ad imprenditori a più alti introiti.

Quali saranno le conseguenze di tutto ciò?

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In primis una completa erosione delle opportunità alle quali gli autonomi si appellavano per limitare il gettito fiscale e garantirsi ottemperanza alle normative.

A questa, si aggiunge una pesante riduzione dei margini disponibili sul fatturato, che rischia di soffocare ulteriormente le iniziative imprenditoriali professionali, che dovranno assoggettarsi per necessità a contratti ancora più precari.

E ad andarci di mezzo saranno davvero molti settori, come il mondo IT, dove le attività lavorative si basano sull’impegno dinamico ed il coraggio di individui pronti a mettere in gioco la propria vita e le proprie idee per vedere crescere iniziative in cui credono.

Insomma, questo addio ad un regime contributivo non esente da difetti non sembra avere il sapore di una semplificazione, ma appare piuttosto figlio di una complicazione burocratica tesa a far pagare di più, prelevando dalle tasche di chi la propria attività la deve tirare avanti con i denti giorno dopo giorno e non gode di una cospicua pensione dopo una sola legislazione.