Yahoo Italia condannata: precedente pericoloso?

Luca Paolucci
  • Laurea in Economia e Management
  • Laureato in Management Internazionale

Yahoo! e link a siti pirata: esplode il caso della sentenza emessa dal Tribunale di Roma. Analizziamola da un punto di vista giuridico e vediamo il motivo per cui potrebbe rappresentare un precedente pericoloso. Siamo proprio sicuri che si tratti di un caso? 

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La Open Gate – che agiva in rappresentanza della PFA, società che ha distribuito nel nostro Paese il film “About Elly” (pellicola iraniana di successo, risalente a un paio di anni fa) – nei mesi scorsi ha chiesto la condanna di Yahoo! per contributory infringiment, a seguito della constatazione che, digitando il titolo del film sul motore di ricerca, comparirebbero circa dieci milioni e trecento mila link a siti pirata che permetterebbero la visione in streaming o il download P2P della pellicola in questione.

A seguito del giudizio così instaurato, il Tribunale di Roma ha accolto la richiesta degli istanti e ha condannato Yahoo! per contribuzione alla contraffazione.

Si tratta della prima sentenza al mondo, nei confronti di un motore di ricerca, che condanna la pubblicazione (anche involontaria) di link lesivi del diritto d’autore. Precedente shock che contraddice il principio di neutralità dell’intermediario? Oppure provvedimento innovativo che finisce per attribuire una responsabilità oggettiva ai gestori della piattaforma?

Yahoo! e siti pirata: la sentenza

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La recente condanna a Yahoo! per “contribuzione alla contraffazione” potrebbe diventare un precedente assai importante.

Nello specifico, a seguito dell’istanza della Open Gate relativa al caso del film “About Elly” e alla presenza di milioni di link a siti pirata all’interno di Yahoo!, il Tribunale di Roma ha proceduto all’inibizione della piattaforma di ricerca:

“Alla prosecuzione e ripetizione della violazione dei diritti di sfruttamento economico sul film About Elly mediante il collegamento a mezzo dell’omonimo motore di ricerca ai siti riproducenti in tutto o in parte l’opera, diversi dal sito ufficiale del film.”

Che, in parole povere, significa rimuovere ogni indicizzazione a siti non autorizzati.

Il ragionamento giuridico dietro alla condanna

Condanna a Yahoo! Italia: tanto rumore per nulla? (RETROATTIVO URGENTE)

Se si leggono le argomentazioni del provvedimento si ha l’idea che il Tribunale di Roma si sia attenuto alla linea di principio generalmente accolta in tutti i Paesi e abbia rispettato anche la direzione tracciata dalla normativa in fieri dell’AGCOM in tema di pirateria.

Innanzitutto, il magistrato ha precisato che i motori di ricerca non possono esercitare un controllo preventivo sui contenuti dei siti sorgente a cui è ancorato il link. Il ché equivale ad un’esplicita ammissione del principio di neutralità della Rete.

Tuttavia, sembrerebbe che Yahoo! avesse già ricevuto una lettera di diffida da parte dei titolari del diritto (in questo caso la PFA), in cui si denunciava la sussistenza di link pirata e ne chiedevano la rimozione.

Secondo il sopracitato principio di neutralità della Rete, il gestore della connessione o della piattaforma, in altre parole, non ha un “dovere di vigilanza” sulla Rete. Questo però non vuol dire, per lui, una immunità totale e perpetua da qualsiasi condotta illecita.

Se l’intermediario viene posto nella condizione di conoscere l’eventuale lesione del diritto altrui, allora la sua inerzia nel rimuovere l’illecito acquista un preciso significato.

Nel caso giudiziario in questione, la società americana era perfettamente a conoscenza dell’illecito, perché aveva ricevuto le comunicazioni della PFA. Non può più parlarsi, quindi, né di colpa in vigilando, né tantomeno di responsabilità oggettiva. Al contrario, siamo dinanzi ad un’ipotesi al confine col dolo o, quanto meno, con la colpa cosciente.

Quali pericoli si nascondono dietro questa sentenza?

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Il ragionamento giuridico è, almeno in prima battuta, coerente e in linea con i principi dell’ordinamento. Ma c’è qualcosa che non torna: il fatto che, in questo modo, qualsiasi presunto detentore di diritti potrebbe limitarsi ad inviare una semplice lettera ad ogni motore di ricerca per vedere cancellati da Internet migliaia e migliaia di link.

Giustizialismo puro, al di là di ogni valutazione opportunistica che coinvolga gli interessi delle due parti schierate (la pirateria da un lato e l’industria dei contenuti dall’altro). I motori di ricerca si troverebbero, quindi, in breve tempo, inondati da richieste di disindicizzazione, che sarebbero portati ad accogliere onde evitare il rischio di una condanna.

La conseguenza diverrebbe dirompente: si potrebbe superare il principio di neutralità dell’intermediario con una semplice segnalazione (che, a questo punto, verrebbe puntualmente inviata da chiunque).

Pensiamo a quanto difficile, se non impossibile, potrebbe essere per una realtà come Yahoo! controllare singolarmente dieci milioni di link al fine di verificare quali sono quelli illeciti.

C’è poi un’ultima interessante constatazione da fare. Quando non si può combattere un nemico, si cerca sempre un capro espiatorio. L’industria dei contenuti, non riuscendo a controllare il fenomeno della pirateria sul piano individuale, dà l’impressione di voler spostare il campo di battaglia contro gli intermediari, soggetti più facilmente rintracciabili e, di fatto, sanzionabili.